Liu Xiaobo, premio Nobel per la pace
27 Novembre 2010Sorrisi di Regime, reportage sulla Corea del Nord “con il cuore a Tienanmen”, ha completato il tour italiano – da Drò a Portopalo – con la felice coincidenza dell’assegnazione del premio giornalistico “Più a Sud di Tunisi” proprio nei giorni della proclamazione del premio Nobel per la Pace al testimone dei fatti di Tienanmen: Liu Xiaobo.
Quando è stata presentata la prima tappa siracusana della mostra fotografica, non si immaginavano nemmeno tanti risultati.
L’allestimento voleva essere una piccola ma presente testimonianza per non dimenticare quanto è stato: nel ventesimo anniversario della repressione studentesca cinese e della caduta del muro di Berlino.
Non a caso l’evento è stato inaugurato nel giorno della presa della Bastiglia che diede inizio alla rivoluzione della liberà, fratellanza e uguaglianza!
L’accento sulla sempre attuale prioritaria questione dei Diritti Umani è stato posto ai visitatori di Sorrisi di Regime con la dedica dell’iniziativa alla vittima della repressione iraniana: Neda.
Per lei le armi non si sono bloccate come invece avvenne per il giovane che venti anni prima inibì l’avanzata dei carri armati su piazza Tienanamen. Ma mentre l’occidente ebbe la lucidità di negare nel 1988 le Olimpiadi alla povera Corea del Nord per rimarcare l’assenza di libertà politica, non ebbe pari coraggio di porre lo stesso veto alla ricca Pechino venti anni dopo! In questa prospettiva il Nobel a Liù ci lascia uno squarcio di speranza, condividendo a pieno le motivazione dell’Accademia svedese:
Nei decenni passati, la Cina ha raggiunto risultati economici difficilmente eguagliabili nella storia. Il Paese è oggi la seconda economia più grande del mondo; centinaia di milioni di persone sono state sottratte alla povertà. Anche le possibilità di partecipazione politica sono state ampliate. Il nuovo status della Cina deve comportare una maggiore responsabilità.
Adesso Sorrisi di Regime attende operosa alla sua scarcerazione, per gioire, così come abbiamo gioito alla liberazione della birmana San Suu Kyi al grido “la base della democrazia è la libertà di espressione”.
Un’aspettativa operosa, perché la libertà è un diritto ma testimoniarla e preservarla è un pari dovere!