E Liu Xiaobo?
29 Ottobre 2011Anno 2011. Ancora un altro anno con nuovi premi Nobel per la Pace. Ma Liu Xaobo, Nobel 2010, rimane in carcere. Tutt’intorno silenzio.
I rumori assordanti della crisi economica del sistema occidentale coprono il grido di libertà del dissidente di piazza Tienanmen. Usa e Ue sono troppo distratti dalla ricerca dei finanziamenti cinesi e dei mercati del colosso asiatico per rendersi conto di quanto sta accadendo.
Siamo sempre più legati ai Capitali di un impero anticapitalista per definizione; risorse createsi paradossalmente proprio dalla impossibile concorrenza cinese che, per dimensione e struttura di governo, può permettersi condizioni produttive iper concorrenziali: sottraendosi alle condizioni produttive e sociali di una qualsiasi nazione che voglia dirsi “moderna” e democratica”.
Se oggi non ascoltiamo il grido di Liù, così come non abbiamo udito il grido del Tibet (festeggiando nonostante ciò le Olimpiadi a Pechino) domani saremo noi a urlare inutilmente al vento.
In questa prospettiva diventa sempre più attuale la motivazione del premio Nobel 2010: “Nei decenni passati, la Cina ha raggiunto risultati economici difficilmente eguagliabili nella storia. Il Paese è oggi la seconda economia più grande del mondo; centinaia di milioni di persone sono state sottratte alla povertà. Anche le possibilità di partecipazione politica sono state ampliate. Il nuovo status della Cina deve comportare una maggiore responsabilità”.
Si fa dunque appello al Governo cinese affinché forte della storia del suo popolo e della millenaria tradizione della sua terra, liberi Liù Xaobo.
Così facendo la Cina dimostrerà che la sua potenza non è data dalla sola sua economia. Certi gesti aiuterebbero tutti noi a continuare a sperare in una umanità ricca della sua cooperante diversità.