Niente mega-yacht italiani al dittatore della Corea Nord
di Marina Perna, La Sicilia del 24 Luglio 2009
INTRIGO INTERNAZIONALE. Diventa operativo l’embargo italiano a Pyongyang. Il Segretario generale Onu: «Bene Italia»
Sequestrati due panfili nei cantieri di Viareggio. Frattini: «Rispettati gli impegni Onu»
ROMA. Diventa operativo l’embargo italiano alla Corea del Nord. E nel mirino finiscono due megayachts, simbolo del lusso made in Italy, pronti a salpare per Pyongyang e prendere il largo con il leader nordcoreano, il dittatore Kim Jong-Il, sul ponte di comando. L’operazione è rimbalzata solo ora alla ribalta delle cronache. Ma risale a qualche settimana fa. A fine maggio, per l’esattezza, quando polizia e guardia di Finanza si sono presentati nei cantieri dell’Azimut Benetti di Viareggio, dove erano in costruzione i due panfili – il modello ’95’ (quasi 30 metri di lunghezza) ed il ’105’ (oltre i 31 metri) – e hanno sequestrato i natanti. I due yachts erano quasi pronti per essere consegnati ad un acquirente che, almeno sulla carta, sembrava ’normale’: una società austriaca che aveva comprato i diritti di acquisto per poi rivenderli ad un’altra cinese. Ma proprio dietro quest’ultima si nascondeva quella che la società costruttrice italiana ha definito «una frode contrattuale» che rischiava di farla incorrere nell’accusa di violazione dell’embargo alla Corea del Nord. E che lascia alla fantasia i contorni di una vera spy-story. I due panfili sarebbero infatti finiti – sulla base di una ricostruzione i cui dettagli restano top-secret ma i cui intrecci fanno tornare alla mente le trame alla ’007’ – nelle mani del dittatore nordcoreano Kim. Del contestato leader, cioè, da tempo sotto la lente della comunità internazionale per i test nucleari di un paese, il suo, che per questo è stato oggetto di più d’una risoluzione dell’Onu.
Prima tra tutte quella del 2006 (la numero 1718) sulla base della quale è partita la controffensiva italiana che ha così pienamente rispettato – commenta il ministro degli esteri, Franco Frattini – «gli impegni presi con le Nazioni Unite e lo sforzo delle autorità italiane per la piena applicazione delle misure sanzionatorie previste dalle Risoluzioni 1718 e 1874».
Una mossa che ha incassato anche i compimenti di Ban Kimoon, il segretario generale delle Nazioni Unite che ieri – ha fatto sapere il suo portavoce – si è detto «incoraggiato quando i Paesi seguono le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza», come ha fatto l’Italia sequestrando gli yachts destinati alla Corea del Nord. E scongiurando così anche quello che – spiega il Adolfo Urso, viceministro del ministero per lo sviluppo economico da cui è partita l’operazione con l’ordinanza cautelativa di sequestro – poteva sconfinare in una «violazione dell’embargo».
Ora i panfili sono tornati a disposizione dell’Azimut pronta a rivenderli ad altri acquirenti che – incuranti della crisi – siano pronti a pagare il conto: 12,5 milioni, la somma prevista per il saldo dei due super yachts. Di certo non andranno al dittatore Kim che dovrà rinunciare alle due ’belve’ del mare, simbolo del lusso made in Italy, per solcare le onde coreane. O per fare dell’altro, lascia intendere chi si spinge a scenari ancora più foschi, ipotizzando lo spionaggio industriale nei destini delle due imbarcazioni.