Una nuova ondata rivoluzionaria. Nucleare
di Giuseppe Matarazzo
Oggi hanno vent’anni. Esattamente quelli che li separano dal movimento di libertà che i loro coetanei portarono in piazza a Tienanmen, sfidando i carri armati del regime comunista cinese. Eppure non sanno nulla di quei giorni, di quel massacro. <Cos’è? Una parata militare? Un’opera d’arte?>. La foto dello studente davanti all’armata cinese – mostrata da un giornalista americano del China Labour Bulletin – non dice nulla ad alcuni studenti dell’Università di Beida di Pechino, una delle più importanti del Paese. Il video gira su YouTube. In tutto il mondo, tranne che in Cina. Di Tienanmen in Cina non se ne parla. Non se ne deve parlare. Non ce n’è traccia nei libri. Ancora oggi il governo di Pechino di Hu Jintao, quando è costretto a parlarne, come in occasione dell’anniversario di quest’anno, definisce il massacro della notte fra il 3 e 4 giugno 1989 come <risposta a una rivolta controrivoluzionaria>. Per qualcuno sarebbe addirittura <un’invenzione>. Il regime cinese, che in occasione delle Olimpiadi ha ostentato la propria grandezza, non torna indietro. E ha vietato commemorazioni in tutta la Cina. Solo a Hong Kong si è ricordato Tienanmen. Nell’ex colonia britannica, 150mila persone hanno partecipato alla veglia annuale pro-democrazia, per non dimenticare <la propria eredità e la verità>. Nel 2007 da qui il Cardinale Zen lanciò un forte monito: <Pechino lavi la sporcizia lasciata dal massacro di Tienanmen>. Zen tornava da un viaggio nel Nord America: <Molti emigranti cinesi che ora vivono in Occidente sperimentano lo stato di diritto e la libertà che ne consegue. Mi chiedo quando anche i cinesi che vivono nella madrepatria potranno godere di tale benedizione>.
Democrazia. Parola di sabbia anche in Corea Del Nord, Stato satellite del sistema cinese. Qui il regime <repubblicano democratico> di Kim Jong-il ha lanciato al mondo perfino la sfida nucleare. Un percorso che parte da lontano. E che il movimento del 1989 non ha scalfito. Nei giorni di Tienanmen provò a stroncare subito la solidarietà dei ragazzi riuniti a Pyongyang per il Festival internazionale della Gioventù. I sorrisi di regime, imposti come accogliente benvenuto ai giovani di tutto il mondo, nascondevano allora una realtà di privazioni, di diritti negati. Vent’anni dopo, Pechino e Pyongyang rimangono legate da un filo rosso e una grande muraglia li separa dallo spirito democratico di Tienanmen. Un rifiuto che in Corea del Nord assume oggi i toni della minaccia. A tutto il mondo. I test nucleari. Alle risoluzioni e alle sanzioni dell’Onu, la risposta di Pyongyang è stata: <Arricchiremo uranio per le armi e utilizzeremo le riserve di plutonio a fini militari>. <L’abbandono delle armi nucleari – si legge in un comunicato del ministero degli Esteri nordcoreano – è diventata cosa impossibile, e poco importa che alcuni ci autorizzino o no a disporre di armi nucleari. Se gli Stati Uniti e i loro seguaci cercheranno di attuare un “blocco” della Corea del Nord, opporremo risolute azioni militari>. La posizione dell’Onu è <un vile risultato dell’offensiva guidata dagli Stati Uniti di pressione internazionale tesa a minare l’ideologia della Repubblica democratica della Corea e il suo sistema scelto dal popolo disarmandola e soffocando la sua economia>. Con l’attenzione del mondo puntata sulla penisola coreana, il governo di Pyongyang ha osato lanciare l’ennesima provocazione: la condanna a dodici anni di lavori forzati delle giornaliste americane Euna Lee (di origine coreana) e Laura Ling (di origine cinese) per <atti ostili> verso la Corea del Nord e l’ingresso <illegale> nel Paese. Al processo non ha assistito nessun osservatore internazionale o giornalista straniero. Erano state arrestate per aver varcato il confine fluviale fra la Cina e la corea del Nord. Ma testimoni hanno riferito che le due donne erano ancora in territorio cinese quando sono state prelevate dalla polizia nordcoreana. Pyongyang alza la posta. Continua il suo disegno. All’inizio dell’anno il segretario generale, Kim Jong-il, d’altra parte, aveva proclamato il 2009 l’anno di <una nuova ondata rivoluzionaria>. I giornali del partito, dell’esercito e della lega della gioventù erano usciti con un editoriale congiunto, sollecitando <un avanzamento su tutti i fronti>. La nuova azione aprirà le porte <alla grande, prospera e potente Songun Corea che ad ogni costo sarà creata per il 2012, nel centenario della nascita di Kim Il Sung>. Il grande leader. Indiscrezioni di stampa dicono che il successore di Kim Jong-il sarà il terzogenito, il 26enne Kim Jong-un. Di lui non esistono ancora foto ufficiali. Non è mai apparso in pubblico. Vanta una educazione in Svizzera. Per lui ci sarebbe già pronto il soprannome di <intelligente leader>. Kim Jong-un riconoscerà la foto di Tienanmen? Dalla sua risposta dipenderà il futuro democratico di Pyongyang e la sicurezza di tutto il mondo.